Il vincolo che univa Giuseppe e Maria era il vincolo del primato dell’invisibile su visibile. Nella bibbia, l’atteggiamento di Giuseppe che vuole dimettere Maria ha davanti a sé un orizzonte troppo alto nella sua dinamica di povertà. Davanti a Maria che ha in sé il disegno di Dio si intravede Maria che dice al Signore: Signore, non sono degno. Giuseppe che in quel modo inserito nella dinamica della grandezza di Dio si sente uomo povero. E davanti a Maria che si sente piena di grazia chiede: com’è possibile perché io non conosco uomo? Da questo momento, il progetto di Dio per entrambi diventa problematica. Essi nella loro povertà hanno una cosa in comune - essere la serva del Signore.
In questo vincolo di sponsalità e di verginità, il criterio dell’invisibile si unisci nel mistero di fede che fa emergere che non ha bisogno di capire, perché Dio fa qualcosa grande nella povertà dell’uomo. In quell’immagine di vincolo verginale c’è solo una comunione davanti al spiegarsi divino da cui risposta è l’Eccomi. Da quell’istante, Giuseppe prese con sé Maria e Maria alla obbedienza al Signore con la sua “Eccomi”. Il sogno è la potenza di Dio nell’impotenza dell’uomo. L’eccomi di Maria è la potenza di Dio nella povertà di Maria. In questo clima dell’esperienza di Nazareth, occorre continuamente chiamarsi in ogni globale esperienze comunitaria. Chi è chiamato nel rapporto con Dio è chiamato a sognare.
Nell’esperienza di Giuseppe e Maria, il silenzio è l’anima di ogni comunione. La parola “Adorazione” è l’atteggiamento abituale dell’uomo davanti alla grandezza divino. L’adorazione è una relazione degli occhi, della bocca, della sensibilità e lo scambio di pace. Diceva San Giovanni Crisostomo che “Lo scambio di pace è l’incontro di quattro labbra dove lo spirito di X entra nello spirito di Y e viceversa creando uno fusione che diventa poi accostarsi al pane eucaristico”. Tutta la ricchezza dell’adorazione passa attraverso il silenzio.
Diceva papa Paolo VI su discorso tenuto a Nazareth, il 5 gennaio 1964: Tuttavia non lasceremo questo luogo senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla casa di Nazareth. In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto.
Oggi, una famiglia senza il silenzio non può resistere. L’uomo nel silenzio imposta i suoi pensieri: nella notte li rende feconde alla luce del mistero e al mattino può scrivere quel pensiero. Il silenzio è la capacità di lasciarci costruire. Non è mai vuoto il silenzio perché è pieno di stupore e di gratitudine. Per la famiglia di Nazareth, il silenzio permetteva Giuseppe e Maria di meditare ad ogni avvenimento del loro vita della storia stessa di Dio nella loro storia. Nel silenzio ricco di stupore i membri della famiglia di Nazareth si collocavano nel fascino di Dio e dalle sue sollecitazione si lasciavano guidare per rendere ogni istante come un rivelarsi nell’oggi misterioso di Dio. Nel silenzio adoravano lo stupore del divino il silenzio della famiglia che non c’è più. La bellezza della vita è il silenzio dove si parla dell’essenzialità. Il silenzio fa perdere le chiacchere per introduci in ciò che è vero secondo il principio: ogni tua parola o edifica l’altro realizzando un cammino di comunione o non è un autentico parlare.
Tutta la nostra esistenza è rivolta verso il Signore perché le meraviglie di Dio sono così grande nella storia della salvezza. La storia di Salvezza è la bellezza di consegnare la propria esistenza a Dio. La bellezza della storia Eucaristica è come uno che cerca di riconoscere la bontà del Signore. Il punto centrale dell’Eucaristia è celebrare con i cantici la fecondità di Dio. Chi non ha il gusto della riconoscenza non può cantare la storia di Dio come Maria e Giuseppe. La comunità cristiana per la sua natura di cantare le meraviglie del Signore celebra con i cantici la fecondità di Dio.
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